Lo slogan delle Officine Rosso Puro sintetizza egregiamente questa S3: una Guzzi trovata in condizioni pessime appoggiata ad un albero, alla quale Filippo Barbacane ha restituito una nuova vita e l’ha fatta ruggire nuovamente
Lo slogan delle Officine Rosso Puro sintetizza egregiamente questa S3: una Guzzi trovata in condizioni pessime appoggiata ad un albero, alla quale Filippo Barbacane ha restituito una nuova vita e l’ha fatta ruggire nuovamente
A Pescara, sul lungomare all’ombra delle palme, come se fossimo in California, ci sono le Officine Rosso Puro (già Firestarter Garage), dove Filippo Barbacane trasforma le sue amate Guzzi in splendide special, mai appariscenti e sempre curate nei minimi dettagli.
Bisogna passare un po’ di tempo con le sue creazioni per rendersi conto di quanto lavoro e dedizione possa esserci dietro alla realizzazione di queste moto. Alle note squillanti è preferita la sobrietà e l’eleganza: come nel caso di questa S3R, la moto di Filippo, che abbiamo avuto modo di toccare con mano.
Una S3 del 1975 La Guzzi base di questa creazione è una S3, moto prodotta tra il ’75 e il ’76, che differisce solo per l’impianto frenante (il tanto criticato sistema di frenata integrale a triplo disco) e per qualche dettaglio estetico dalla più famosa e blasonata V7 Sport. Prodotta in pochissimi esemplari la S3 è una delle Guzzi anni ’70 più ricercata dai collezionisti. La base di partenza dunque, anche se trovata incidentata e appoggiata ad un albero, conserva pur sempre le linee e il fascino eterno di quella che è uno dei simboli del motociclismo italiano degli anni ’70 e forse una delle più belle moto di sempre. Tanto che la stessa Guzzi, oggi, ha rispolverato il passato del suo glorioso V7 per cavalcare l’onda del successo del filone Modern Classic.
Motore muscoloso in vetrina Ma torniamo a Filippo e alla S3 del ’75, il suo stesso anno di nascita: 2 intensi mesi di lavoro, tanta passione e tanta dedizione artigianale sono serviti per ricostruire quella che oggi è finalmente una splendida café racer all’italiana. I ritocchi sono tanti anche se poco evidenti ad un occhio distratto. Il motore, con i suoi inconfondibili 2 cilindri a V e i suoi lucenti coperchi valvole lucidati, è stock, mentre i carburatori sono due bei Dell’Orto da 30 mm impreziositi da due preziosi cornetti d’aspirazione dotati di cover cromate: un dettaglio apparentemente insignificante, ma che cattura lo sguardo e fissa l’attenzione sul blocco bicilindrico raffreddato ad aria. I due scarichi bassi, dalla linea filante sono stati presi in prestito da una California 1100 e promettono un sound che appaga l’anima. Il loro profilo lineare ben si sposa con la scarna essenzialità di questa creatura. Una café racer degna del suo nome deve potersi spogliare di tutto il superfluo e mettere in risalto l’essenziale bellezza dei muscoli del motore. Questa configurazione, senza metter mano in maniera pesante sul propulsore, restituisce alla S3R ben 80 CV, una decina in più rispetto all’originale, prestazione di tutto rilievo per una sportiva stradale anni ’70. Questo risultato è coadiuvato dal fatto che la trasmissione primaria ha il volano alleggerito in Ergal, che le fa spuntare qualche cavallo in più. La secondaria invece è a cardano, il marchio inconfondibile della casa di Manadello ed è ben messa in evidenza da un posteriore pulito e sgombro di orpelli…
Leggi l'articolo completo su Special 67, CLICCA per ordinare l'arretrato!